Josep Llorens Artigas e Joan Mirò pare si conobbero nel 1912 alla Escola d’Art de Francesc Galì, che frequentarono insieme fino al 1915.
Nel 1918 aderirono a l’Agrupaciò Courbet ma è solo nel 1941 che i due amici di corso si ritrovarono e che Mirò realizzò le sue prime ceramiche approfittando di una produzione difettosa fatta da Josep Llorens Artigas.
Durante questo periodo si consolidò tra i due un vero e proprio rapporto di amicizia, Artigas abile maestro ceramista, divenne per Mirò il più stretto collaboratore quando a Gallifa nel 1953 decise di dedicarsi alla scultura ceramica.
Artigas gli trasmise una serie di accorgimenti a lui completamente estranei.
Lavorando fianco a fianco e con l'aiuto di altri maestri vasai Mirò acquisì in poco tempo una solida esperienza nella lavorazione della creta.
L'argilla lo affascinò fin da subito sia per sua diffusione popolare e sia per il non appartenere ad alcuna epoca storica.
Anche lui come Picasso cominciò i primi passi con i cosidetti modellini tra cui i flautini di Maiorca e con piccole creature dipinte e modellate in maniera bizzarra e variopinta.
I toni cromatici e le forme poco importavano e tantomeno l' accordo tra i gialli, i rossi ed i blu rappresentavano per l'artista un ostacolo alle sue opere.
Il suo genere creativo tra l'umoristico e lo spaventoso, la sua fantasia ed il suo disequilibrio ricco e pieno di colore, si integrarono nella ceramica e nelle sculture forse ancor meglio che nei quadri.
I suoi soggetti pianificati da Artigas e dal figlio si trasformarono in un progetto di grande respiro quando l'Unesco intenzionata a realizzare una grande parete per la sede di Parigi gli commissionò un lavoro fino ad allora impensato.
Egli scelse ispirandosi ai mosaici di Gaudì il sole e la luna e lavorando d'istinto senza che i colori gli fossero noti prima della cottura usò per dipingere le sue enormi pareti di 3 metri x 15 una scopa con rami e foglie di palma.
Il lavoro andò avanti per tentativi, ed il primo fu un vero e proprio fallimento, gettando al vento ben oltre 4000 kg. di argilla ed oltre 250 kg. di smalto senza contare il tempo perso ed il legname per contenere le strutture rovinato.
Le due pareti denominate rispettivamente quella del sole e quella della luna una volta completate furono accolte sia dalla critica che dal pubblico con grande entusiasmo, ed il perfezionismo sia di Artigas che di Mirò, ricco di sfumature e di tramature, gli valsero il premio Guggenheim International consegnatogli nel maggio del 1959 dallo stesso presidente degli Stati Uniti Eisenhower.
La ceramica iniziata come un'avventura e come saggio materico per la mera soddisfazione di sè stesso si concluse con un successo senza eguali tra gli artisti dell'epoca.
La collaborazione con Artigas continuò per anni.
Nel 1960 lavorò ad una parete per L'Harvard Harkness Center, opera esposta a Barcellona a Parigi e NewYork prima della sua installazione.
Nel 1964 sempre con Artigas eseguirono una parete in ceramica per L'Ecole Superieure de Sciences economiques a St. Gallen.
Nel 1966 a Juan les Pins posero con Artigas La stupenda Venere del mare.
Nel 1970 crearono una grande parete in ceramica per l'aeroporto di Barcellona e sempre nello stesso anno e sempre con la collaborazione di Artigas altre 3 monumentali opere per l'esposizione mondiale di OsaKa.
Nei suoi lunghi anni di vita Mirò modellò un numero notevole di sculture quantificabile in quasi 1000 pezzi di cui oltre quattrocento in ceramica eseguite nella maniera più casuale ed il più delle volte trasposte dalla creta al bronzo.
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